venerdì 9 agosto 2013

La 'promessa d'impegno senza fine', per Paolo, accanto ai nostri magistrati.

Sono trascorse già tre settimane dall'inizio della mia avventura siciliana, ma i ricordi, le sensazioni, le emozioni sono più vive che mai. Ho chiare davanti ai miei occhi le immagini di ogni singolo istante vissuto a Palermo, delle meravigliose persone incontrate. Da un anno attendevo che quei momenti arrivassero, per un anno ho provato ad immaginarmi come sarebbero stati. Mi aspettavo di imbattermi in un'esperienza che difficilemente avrei potuto dimenticare, e ora ho la certezza che la porterò per sempre dentro di me.. Ed eccoci, allora, il 17 luglio, presso il Palazzo di Giustizia, nell'aula Rocco Chinnici (quell'aula che avevo visto spesso in numerosi video, e dentro la quale mi sono ritrovata, con grande emozione, senza nemmeno rendermene conto), accanto e attorno ai nostri Magistrati, in occasione della lettura della sentenza del processo Mori - Obinu. Eccoci, ancora più stretti di prima, al fianco di Nino Di Matteo, Vittorio Teresi e Roberto Tartaglia che, magari amareggiati, ma sicuramente a testa alta, abbandonano l'aula, circondati dai giornalisti. Li seguo, vorrei dire, urlare Loro che noi ci siamo ancora, ci siamo comunque e ci saremo sempre.. ...mentre, accompagnati dai loro Agenti, scompaiono oltre la porta che divide l'androne del secondo piano del Tribunale dallo spazio riservato agli studi. Allo stesso modo anche giovedì 18 ci troviamo in Tribunale, questa volta fuori, con cartellini, striscioni e agende rosse alzate verso il cielo. In questa occasione sono Loro ad avvicinarsi a noi, a lasciare il lavoro per qualche minuto e a raggiungerci nel piazzale, accolti da un applauso. Ci sono grati per la nostra presenza, consentono di scattare qualche foto, firmano qualche agenda e poi se ne vanno.. Venerdì 19 corrisponde a Via D'Amelio. Arrivi in quella piccola via e provi, ma non riesci, perché sono istantanee che solo chi le ha vissute può configurarle nella propria mente, a ricostruire ciò che avvenne nel '92. Realizzi, forse, che stai posando i tuoi piedi esattamente nel luogo in cui, ventuno anni fa, si consumò la strage. Ti avvicini al portoncino, al numero civico 19, quello che Paolo Borsellino stava accingendosi a varcare negli immediati secondi prima dell'esplosione. Alle 16.58 l'emozione è incontrollabile, chiudi gli occhi, senti il boato, le sirene; vedi la nuvola di fumo nero che porta via con sé sei vite umane; segui Antonino Vullo che, ferito, scende dalla macchina e assiste ad immagini strazianti, incubi che si porta appresso da quella terribile giornata. Non è un semplice giorno di ricordo, è l'appuntamento fisso in cui rinnovare l'impegno, la promessa, il debito che abbiamo nei confronti dei sei Angeli che ci sono stati portati via quel 19 luglio, nei confronti degli altri cinque cui è stata riservata la medesima sorte 57 giorni prima, e in generale di tutti Quelli che come Loro, per amore, puro e incondizionato, sono stati disposti a rinunciare alla stessa vita. Ma non è nemmeno un giorno di morte, perché se è vero che il 19 luglio di ventuno anni fa giacevano sull'asfalto i corpi, o i loro pezzi, di Paolo, Emanuela, Walter, Claudio, Vincenzo e Agostino, la Loro anima, le Loro idee non hanno mai smesso di vivere, di pulsare nei cuori dei Loro cari e delle persone che hanno deciso da che parte stare, da quella di chi ha sacrificato la propria vita per lo Stato, quella della Giustizia. Il 20 luglio è il giorno della RESISTENZA... fisica. Con il gruppo delle agende rosse più 'temerarie' ci si ritrova in Via D'Amelio per poi dirigersi verso il Monte Pellegrino e intraprendere l' “acchianata” al Castel Utveggio. Salvatore, irriducibile, non si risparmia e, seppure in coda al gruppo (solo per la salita), la porta a termine anche quest'anno. Dall'alto vedo Via D'Amelio, la scruto, esattamente allo stesso modo in cui, il giorno prima, dal luogo dell'attentato, avevo osservato il castello. Il tempo di ristorarci e riposarci all'ombra delle piante, e ci incamminiamo per la via del ritorno. Giusto qualche rampa, e Salvatore, determinato e deciso, mi si affianca e ci supera tutti (al diavolo la polmonite che lo ha costretto al ricovero in ospedale poco più di un mese prima!). Andiamo a pranzo, dandoci appuntamento, per la sera, al campo in cui sarebbe stata giocata la partita tra magistrati e agende rosse. E il Dott. Di Matteo, assieme alla famiglia, ci onora anche in questa occasione della Sua presenza. I minuti passano, la conclusione di questa splendida avventura si avvicina sempre più. Ci si saluta in quella che Salvatore chiama Via “Vetreria”, la via di Paolo. Quella dove tutto ebbe inizio, quella che lo vide giocare e crescere. Ci si congeda da questa esperienza, dandosi appuntamento (la mente è già lì) alla prossima. L'indomani mattina, in pullman per Trapani, e sull'aereo per tornare a Cagliari, rivedo i momenti indelebili trascorsi nei giorni precedenti e individuo in ognuno di questi il senso di ciò che ho appena vissuto, il senso di quel sentimento che non so se sia giusto definire passione, e che mi ha spinta a volare fino in Sicilia. Lo trovo nel Palazzo di Giustizia che si erge, imponente, davanti ai miei occhi. Nelle blindate che sfrecciano per la strada e che, per coincidenza, mi passano a pochi centimetri di distanza mentre si avvicinano al Tribunale. Nei passi posati, al suo interno, su quel suolo che Paolo Borsellino e Giovanni Falcone hanno calcato e ricalcato. Nel far scorrere la mano sul passamano delle scale, e nell'immaginare che proprio lì, anche Loro abbiano posato la propria. Nello stare al fianco di chi ha raccolto la Loro eredità, ed oggi ne continua l'opera. Nell'osservare il loro comportamento, in aula, nel corso di un'udienza. Nel seguirli anche solo con lo sguardo, mentre, dopo quella che potrebbe apparire l'ennesima batosta, tornano nei loro studi pronti ad affrontare una nuova battaglia. Nel chiedere ad uno di loro una firma sull'agenda rossa, e nel sentirsi rispondere di ritenersi 'inadeguato' per tale compito ..ed è lì, ancora di più, che pensi che quel nome, sull'agenda, lo vuoi veramente. Nel riuscire a 'spiccicare' cinque semplici parole “Lei è un nostro modello”, nonostante l'emozione, con cui tentare di dimostrare ad un Suo collega l'immensa stima e l'infinita ammirazione che provo verso di Lui e verso di Loro. Nel leggere e rileggere la dedica sull'agenda, con cui il terzo di loro ti promette, nonostante gli enormi ostacoli, le delegittimazioni, l'isolamento istituzionale, le minacce e le intimidazioni, un “impegno senza fine”. Mentre avverti che in quelle parole c'è un peso enorme: quello che grava sulle spalle del Magistrato che le ha scritte, e quello che grava sulle tue, di spalle, perché non devi, non VUOI lasciarlo solo nell'affrontare quell'impegno, ma al contrario vuoi fargli sentire che ci sei e ci sarai, a qualsiasi condizione. Nel sfiorare, nel passare a pochi centimetri da quegli Uomini, gli Angeli Custodi, che devono occuparsi della sicurezza dei nostri Magistrati. Nel trovarsi a pochi passi da Antonino Vullo, e nel volergli anche solo stringere la mano ..ma qualcosa (il pudore? l'emozione?) ti trattiene. E allora, semplicemente, conservi in te quelle immagini, nella speranza di potergli dimostrare il tuo affetto e la tua gratitudine la prossima volta che lo incontrerai. Nei sorrisi, nelle urla, negli abbracci, negli sguardi di Salvatore. Nell'incredibile forza con cui porta avanti la Sua, la nostra, battaglia. In ogni sguardo incrociato, in ogni singolo abbraccio scambiato con persone che ringrazi ogni giorno di avere incontrato. Nella consapevolezza di essere entrata a far parte di una realtà cui senti di voler dedicare, in qualsiasi modo, il tuo contributo. Al grido che ci unisce tutti, con in mano una agenda rossa: RESISTENZA!!!!!!! Giorgia Oppo

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