Blog ufficiale dell'Associazione "Cittadinanza Per La Magistratura"
domenica 10 novembre 2013
Presentazione "Mafia da legare" di Corrado De Rosa e Laura Galesi -I parte
Giovedì 7 novembre 2013, si è svolto l'incontro con eminenti relatori per la presentazione del libro MAFIA DA LEGARE di Corrado De Rosa e Laura Galesi, presso la Facoltà di Giurisprudenza. L'incontro è stato organizzato da Cittadinanza per la Magistratura e Centro Studi Paolo Giaccone e si è svolto in un'atmosfera rilassata ma molto seria, non senza qualche sorriso e qualche risvolto di ironia. Sono presenti rappresentanti di associazioni, studenti, giornalisti e amici. Vogliamo citare Valeria Grasso e Salvatore Borsellino.
Il Presidente dell'associazione, Barbara De Luca, porge ai relatori e ai presenti il saluto delle associazioni sottolineando la necessità di un risveglio delle coscienze e ricordando come sempre che le tematiche concernenti l'antimafia riguardano non ''gli altri'', ma tutti noi.
Il moderatore dell'incontro, il giornalista RAI Domenico Cangemi, introduce la presentazione del libro focalizzandosi sul tentativo dei mafiosi di eludere la giustizia fingendo la pazzia e invocando l'incompatibilità col carcere duro, come il detenuto eccellente Provenzano. Si chiede anche se non possa essere considerata effettivamente una forma di follia lo stato mentale di soggetti che trascorrono una vita intera da latitanti, magari isolati in un covo sperduto, e con una vita alle spalle trascorsa a commettere delitti efferatissimi.
Interviene per primo il Prof. De Leo, Preside della facoltà di Medicina, che però precisa il senso della sua presenza anzitutto come semplice cittadino e anche in quanto rappresentante del Centro Studi Paolo Giaccone. In qualità poi di garante di un'istituzione formativa per i giovani, richiama la necessità di concentrarsi sull'aspetto deontologico della pratica medica; in tal senso, sull'argomento del libro - le perizie psichiatriche in ambito mafioso - il professore si definisce da un canto "parte lesa" (basti ricordare la vicenda del Dott. Giaccone); d'altro canto, "parte in causa", e allo stesso tempo "persona a conoscenza dei fatti". Nell'incontro odierno, il senso della sua presenza è dato dall'istanza morale che una perizia in campo così delicato presuppone; per l'aspetto più specificamente tecnico, egli intende invece passare il testimone al Dott. Procaccianti. Il Prof. De Leo precisa che il libro non parla di "mafia" intesa come serie di eventi, di fatti criminosi; bensì dei metodi che la mafia usa per portare avanti i propri comportamenti criminali, ad esempio per eludere il carcere duro, per evitare il processo, o per compromettere la credibilità di soggetti utili al processo. Il libro presenta dunque la mafia in un'ottica diversa, ma pur sempre l'ottica di uno studioso avvezzo alla cronaca: infatti è molto analitico, si dilunga sulle perizie, con un peso relativo dato a commenti e considerazioni. Il professore sottolinea l'aspirazione dell'autore non alla scrittura come mestiere, ma allo studio del fenomeno mafioso da un diverso punto di vista. L'autore si concentra infatti particolarmente sul comportamento del perito, non senza citazioni colte sui trucchi utilizzati per evitare doveri superiori (si veda il comportamento di Ulisse per evitare la guerra). Il momento della perizia non è univoco da interpretare: è solo una verifica richiesta dal soggetto mafioso o è un supporto chiesto dal magistrato a un
professionista del settore? Su questo duplice aspetto, il libro parla di "medicina capovolta", ovvero: se nella medicina tradizionale si cercano i sintomi veri di uno stato patologico, in questa sorta di medicina capovolta è necessario individuare sintomi falsi, in quanto è il mafioso stesso che ricerca l'etichetta di ''pazzo''. Il libro si sofferma su un fenomeno poco noto, ma che rende la questione molto più complessa di quanto sembri: l'alto tasso di studi di criminologia, psichiatria e psicologia da parte dei soggetti mafiosi - studi fatti appositamente per simulare sintomi e provocare una diagnosi ''utile''. A tal proposito, si parla di diverse tipologie di mafiosi: ad esempio, gli affiliati alla 'ndrangheta conservano un'immagine forte e ricoprono un ruolo rilevante nel territorio solo mostrando comportamenti lucidi e consequenziali. L'argomento della psichiatria è tutt'altro che marginale parlando di mafia, in quanto tutti i grandi processi hanno avuto richiami a questa disciplina. È vero che il perito può fare una valutazione errata perché scorretto o colluso, ma è pure vero che non di rado può semplicemente sbagliare diagnosi. Il Prof. De Leo nota che l'autore del libro si interroga, segue perizie, studia i processi; nel trattare i casi di Provenzano e Riina, egli parla di ''disorganizzazione organizzata'', ovvero espressioni e comportamenti che possono essere spiegati non solo con la volontà di uscire dal carcere, ma anche con la voglia di far sapere che si vuole parlare; oppure sono strategie per difendersi DAL processo. Il professore cita dal libro il fatto che lo stesso procuratore Grasso era incerto se considerare tali fenomeni come un disagio o come la ricerca di uno strumento per ''passare la notizia''. Il Prof. De Leo completa il suo discorso lodando il libro come strumento per stare in ascolto, per approfondire; ma conclude l'intervento esprimendo sentitamente la sua ''sofferenza per la Medicina''. Questa scienza ha raggiunto le più alte vette, ma molti hanno perso la fiducia in essa o al contrario trattano i medici come se fossero persone infallibili. Ancor peggio, si sente - forte - la mancanza di un'etica di base.
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