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domenica 16 febbraio 2014
Il decennale della morte di Attilio Manca e l'intitolazione di una sala a suo nome di Simonetta Genova - Corleone, 8 febbraio 2014 - Barcellona, 11 febbraio 2014 - UNA QUESTIONE DI VIRGOLETTE
È passato un anno da quando, per la prima volta, ho incontrato di persona la straordinaria famiglia di Attilio Manca. Chiedersi cosa è cambiato un anno dopo sarebbe comunque normale, ma in questo caso si tratta di una domanda cruciale per il destino di molte persone, in primo luogo per il protagonista di questa vicenda. Ed è cruciale per lui, nonostante la sua morte, perché Attilio vive ancora, sotto forma di quell'energia che infonde in sua madre, suo padre e suo fratello. Energia che loro stessi hanno speso senza riserve per far capire alla gente che nella parola "suicidio", a proposito del loro figlio e fratello, bisognava mettere delle inquietanti virgolette. Mettere queste virgolette è costato tanto a mamma Angela, papà Gino e Gianluca, in termini di delusione, ostinazione, rabbia, speranze infrante, dolore, stanchezza, ansia, scoraggiamento, eppure... mai paura.
Ma adesso quelle virgolette sono spuntate anche in un libro, che senza mezze misure si intitola "Un "suicidio" di mafia. La strana morte di Attilio Manca", edito da Castelvecchi. Ancora una volta mi astengo dal riassumere la delicata ed intricata vicenda, rilevando soltanto che nel libro Luciano Mirone raccoglie i frutti di un minuzioso lavoro documentale sulla morte di Attilio fino ad arrivare alle recentissime notizie, dando una forte spinta al ritrovamento di quella verità che ostinatamente vuole essere occultata da più parti. Ci auguriamo che il suo libro si riveli grandemente incompleto: che sopraggiungano cioè quegli eventi e notizie che renderanno finalmente giustizia alla persona di Attilio e alle sofferenze della sua famiglia.
Nel frattempo qualcosa si è mosso, come si dice, "dal basso". La famiglia raccoglie sempre più sostegno e solidarietà da persone e associazioni, che danno il loro contributo facendo (contro)informazione sulla vicenda che è ancora, processualmente parlando, in pieno corso. I promotori dell'antimafia vera, quella sul campo, come il Sindaco di Corleone Lea Savona, ne fanno un vessillo di giustizia e di antimafia: sotto l'egida di questo piccolo grande Sindaco, giorno 8 febbraio il Laboratorio per la Legalità di Corleone ha infatti intitolato una delle sue sale ad Attilio Manca. Atto simbolico forte, nella città di Bernardo Provenzano, per affermare a chiare lettere che Attilio è vittima di un omicidio di mafia e non di un insensato atto estremo. Nella giornata della intitolazione (presenti alcune scuole di Corleone, familiari di vittime e testimoni di giustizia) i Manca hanno per l'ennesima volta ripercorso coraggiosamente la tragica vicenda di Attilio e l'ultima terribile tappa: la decisione di Gianluca di mostrare dopo dieci anni ai suoi genitori le foto del cadavere di Attilio. Tutto ciò, prima di renderle pubbliche al solo scopo di provocare la pressione dell'opinione pubblica sulle istituzioni che ancora negano che su Attilio sia stato operato un violento pestaggio prima che morisse.
Voglio però, in questa sede, ribadire con forza il messaggio di positività che la testimone di giustizia Valeria Grasso ha voluto offrire agli studenti che si erano appena confrontati con questa drammatica storia. Lo farò citando alla lettera le parole di Valeria, testimone che ha denunciato estorsioni e minacce, che inizialmente non ha ricevuto la minima attenzione dallo Stato, e che ha infine ottenuto credibilità e supporto: "NON E' UNA CONDANNA A MORTE DIRE NO ALLA MAFIA, E' SCEGLIERE DI VIVERE UNA VITA LIBERA". La grandezza di questa donna che tanto ha sofferto anche a causa delle istituzioni appare evidente senza ulteriori commenti.
Numerosi e prestigiosi gli interventi al decennale di giorno 11, svoltosi sotto l'egida dell'Associazione Nazionale Amici di Attilio Manca (ANAAM): ad esempio il giornalista Antonio Mazzeo, il Sindaco di Messina Renato Accorinti col suo ottimismo contagioso, l'on. Sonia Alfano con la sua storia personale e professionale e la profonda conoscenza di fatti e persone; l'avvocato che ha seguito il caso, Fabio Repici, che ha esposto fatti e considerazioni col suo fare tagliente e ironico; l'attrice Annalisa Insardà che ha interpretato in modo toccante alcuni brani del nuovo libro su Attilio; e ancora Sabrina Smedili che ha raccontato il senso dello slogan, ovvero della domanda che deve risuonare nel petto di ciascuno di noi, di tutti noi italiani: E SE ATTILIO FOSSE TUO FRATELLO...?
Dopo dieci anni appare straordinario il fatto che si sia celebrato il decennale della morte di Attilio in forma pubblica, con ospiti illustri e testimonianze di cittadini barcellonesi, oltre che di numerosi amici e sostenitori (fra cui l'associazione Cittadinanza per la Magistratura) nella città di Attilio, dove i suoi familiari sono intimiditi e osteggiati, e spesso ancora si trovano faccia a faccia con chi probabilmente ha causato la morte di Attilio, ma dove allo stesso tempo non sono più considerati folli dalla gente perbene. In questo senso è importante il risveglio dei barcellonesi: dal Sindaco Maria Teresa Collica insieme all'Assessore Raffaella Campo, altre donne sensibili e ostinate, insieme al regista e gli attori che hanno realizzato un video sulla vicenda, alla gente comune che inizia a guardare con un altro occhio Angela, Gino e Gianluca. Il dott. Ingroia, divenuto di recente avvocato della famiglia Manca, può ora assistere, finalmente, dopo reiterate archiviazioni del caso, all'avvio di un processo a Viterbo che speriamo porti alla verità - il processo che vede fra gli imputati barcellonesi anche il cugino stesso della vittima. Ma - riporto il pensiero dell'avvocato Ingroia - LA GIUSTIZIA NON VA LASCIATA SOLO AI MAGISTRATI: PERCHE' SE SONO CON LA SCHIENA DRITTA, RESTANO SOLI; SE SONO VILI, FANNO QUELLO CHE VOGLIONO SENZA IL DOVEROSO CONTROLLO DELLA CITTADINANZA.
E la cittadinanza c'è, sempre di più, dovunque siano finiti gli ex-"amici" di Attilio, dovunque siano finiti i vecchi compagni di scuola che, con la penna di uno di loro, all'inizio piangevano la scomparsa del medico considerato un ''maestro'', un ''luminare della medicina che avrebbe aggiunto onore ed orgoglio a tutti quelli che gli sono stati accanto'', che ricordavano ''il suo genio, la sua vivacità, il suo saper conoscere i limiti, la sua umiltà''.
Dovunque siano finite tutte quelle persone che appena è saltata fuori la parola ''mafia'' si sono dileguate all'istante, noi ci siamo. Una cittadinanza per la magistratura BUONA, una cittadinanza che sta dalla parte della verità.
Lo ripetiamo, caro Attilio: tu sei nostro fratello.
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