Potrebbe
sembrare il titolo di un film o di un libro, qualcosa messo su carta o su
pellicola che riconduce ad un evento successo per l’appunto ventitre anni
orsono. Palermo si sa in questo periodo emana calura per la stagione estiva e se non c’è uno spiraglio
di vento persino il respirare diventa faticoso, ed in questo periodo di
ventitre anni fa nello stesso posto in cui ci siamo trovati ieri Uno dei
migliori servitori dello stato, circondato da una folla di palermitani, faceva
il suo ultimo discorso pubblico, come se ormai avesse la consapevolezza che di
li a poco sarebbe stato ucciso. Sono ventitre gli anni trascorsi dal giorno in
cui Paolo Borsellino tenne il suo ultimo discorso in pubblico e per farlo fu
scelto un luogo diventato simbolo del ricordo, l’atrio della biblioteca di Casa
Professa. E lo fece davanti ad una folla di persone reduci da uno dei più
efferati delitti della storia italiana, la strage di Capaci. Paolo Borsellino
forse aveva capito che la sua ora era giunta, che non gli avrebbero perdonato
come non lo hanno fatto con il suo amico Giovanni di combattere
l’organizzazione mafiosa. Ma forse il giudice Borsellino aveva capito che per
lui e per la lotta alla mafia non ci sarebbe stato spazio, e che il connubio di
una trattativa tra esponenti dello stato e animali mafiosi ormai era in corso.
Di certo aveva capito che alcune parti dei servizi segreti nostrani erano in
combutta con la mafia e che certi “agenti” segreti con essa ci facevano affari
e per questo idillio, tra malavita mafiosa e pezzi dei servizi, sicuramente ci
avrebbe rimesso la vita.
Oggi, dopo tutti questi anni, l’Associazione
Cittadinanza per la Magistratura in sinergia con la fondazione Paolo Giaccone,
come ogni anno e da diversi anni, ne
onora il ricordo cercando di volta in volta di mettere al centro
dell’attenzione del convegno che organizza una tematica sempre diversa e sicuramente cara a Paolo Borsellino.
Quest’anno il titolo della manifestazione è stato estrapolato proprio dal
discorso che fece il giudice quel venticinque di giugno del
millenovecentonovantadue: IN QUESTA TERRA BELLISSIMA E DISGRAZIATA e pone
l’accento sulle condizioni di vita della piccola imprenditoria, quella che non
ha santi in paradiso ma che ha avuto la forza di ribellarsi al racket mafioso
delle estorsioni, lanciando messaggi positivi all’imprenditoria sana di questa
terra bellissima e disgraziata. Come dicevo sopra a proposito del caldo estivo
palermitano, il pomeriggio a casa Professa è stato afoso ed ha visto sul palco
fior di relatori, coordinati da Aroon Pettinati giornalista di Antimafia 2000.
Dopo un inizio lento, il moderatore, come si dice dalle nostre parti ci ha
preso la mano, sciogliendosi in breve tempo con i ringraziamenti di rito. Il
primo intervento è del sostituto vicario dott. Baldassare Ingoglia, che illustra brevemente ed in modo chiaro e
conciso cosa significa un comune sciolto per mafia. A seguire l’imprenditore ed
ex giornalista Francesco Massaro parla dell’annosa questione degli imprenditori
costretti a pagare il pizzo e che oggi rispetto a venti – venticinque anni fa
la situazione è cambiata in meglio in quanto, vuoi per la crisi economica che
incombe, vuoi perché grazie al lavoro di associazioni antimafia uscite dall’ombra, non hanno più intenzione
di pagare e dopo le sue dichiarazioni in merito al racket mafioso dichiara di
non sentirsi solo ed abbandonato dallo stato “io mi sono sempre sentito
tutelato dallo stato risponde Francesco Massaro ad una domanda del moderatore,
“non mi sono mai sentito solo e paradossalmente mi sentivo più esposto prima
della mia denuncia pubblica”. “La circolazione delle notizie è la cosa migliore
che si possa fare”, “conduco due grosse battaglie: una contro la mafia ed
un’altra contro le banche, le quali nel momento dell’esposizione mediatica
abbandonano l’imprenditore al proprio destino, per cui diventa normale il
ricercare la forza per andare avanti.
Il
dott. Paolo Guido, sostituto procuratore al tribunale di Palermo, l’uomo che da
la caccia a Matteo Messina Denaro, che parla del condizionamento che la mafia
impone ai comuni, portando ad esempio il comune di Fondi sciolto per mafia ed
amministrato da una giunta di centrodestra ai tempi di Berlusconi presidente
del consiglio , il quale presidente Berlusconi ebbe a dichiarare che in
mancanza di inchieste a carico dei membri della giunta era da ritenere inopportuno
la richiesta di decreto di scioglimento.
Subito dopo i relatori si è passati alla
consegna degli attestati messi a disposizione dalla fondazione Giaccone e nella
figura del suo presidente Luigi Furitano, premi che sono stati dati al dott. Leonardo Guarnotta quale componente
del pool antimafia messo su da Antonino Caponnetto, ad Alfredo Morvillo giudice a Termini Imerese e fratello di
Francesca Morvillo, moglie di Giovanni Falcone perita nella strage di Capaci.
Ad Ignazio De Francisci collega di Falcone e Borsellino, a Giovanni Paparcuri l’autista
del giudice Chinnici salvatosi nell’esplosione di via Pipitone Federico e che
Falcone e Borsellino vollero accanto nel loro staff.
Una nota
di merito va a Francesca Amato ed ai musicisti che l’hanno accompagnata gratuitamente
nella sua esibizione iniziale e finale dell’evento con l’interpretazione eccezionale
di brani della mitica cantante folk siciliana Rosa Balistreri. A Francesca
Amato ed ai suoi musicisti va tutto il ringraziamento di Cittadinanza per la
Magistratura.
Un
brusio finale ci accompagna verso l’uscita dove un quartiere come Ballarò comincia
ad animarsi per la notte proprio come una qasba africana.
liborio martorana
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